Bad Attitude Two Penny Cask Aged Porter

Avvicinarsi ad una delle porter che preferisco in assoluto e  che si presenta nelle mie mani dopo aver  subito un processo di invecchiamento in botte è per me davvero emozionante. Se a ciò aggiungiamo che è praticamente un’anteprima visto che la bottiglia in questione non ha ancora neppure l’etichetta, dall’emozione si passa quasi automaticamente alla commozione…Trattasi della flagship  di casa Bad Attitude, quella Two Penny fuori dalle righe, possente e scontrosa che ha riposato per tre mesi invecchiando in botti di whisky della ditta Terreni alla Maggia.

Nel bicchiere l’aspetto è quello della Two Penny: colore scurissimo, schiuma beige, fine ed abbastanza persistente.

L’aroma colpisce sin dal primissimo impatto: un leggero taglio lattico sottolinea quanto il passaggio in botte è riuscita a  modificare la birra originaria, fave di cacao, caffè, un accenno di vaniglia accompagnano sentori di frutta secca e reminiscenze di whisky; in ultima analisi emerge anche una curiosa nota oleosa accompagnata dalla piccantezza di sentori  mentolati.

In bocca il copro si è assottigliatto rispetto ad una Two Penny;la birra risulta decisamente più esile. La carbonazione è bassissima e i gusti che emergono sono quelli della frutta secca, cioccolata, noci ed il retrogusto vanigliato del whisky. Il finale si presenta alcolico,  riscaldante e bello rotondo nonostante si denota la presenza di una certa astringenza.

Non c’è che dire il passaggio in botte ha modificato sostanzialmente questa porter portandola verso una rotondità ed una eleganza che fino ad ora non le appartenevano, i sentori del whisky si sono amalgamati alla perfezione creando una birra dal profilo davvero interessante che merita di essere assaporata lentamente in una notte d’inverno. [dLc]

Paese: Svizzera/Italia

Servita a 12°

ABV : 8.5% (presunto)

Girovagando tra gli Stand dell’IBF Torino 2011

Come al solito questo post è poco attendibile e decisamente (non) imparziale per cui prendetene le informazioni con la dovuta cautela…

Si è appena concluso L‘Italian Beer Festival di Torino, le impressioni che ne ho ricevuto sono tutte decisamente  positive, partendo dal buon afflusso di pubblico che anche quest’anno ha partecimato in maniera consistente ed entuasiasta alla manifestazione. Ciò mi lascia per la seconda volta dubbioso e non spiega appieno le attuali difficoltà che incontra ancora la birra di qualità ad affermarsi sulla piazza sabauda .

Parlando con avventori, standisti e parte del pubblico mi sembra che la qualità complessiva della manifestazione si sia rivelata in ottima salute; le birre mi sono parse mediamente in forma con alcune punte d’eccellenza che hanno dato al tutto la giusta dimensione professionale.

Partirei in primis con il birrificio Bad Attitude che presentava in antemprima la Dude (birra disponibile commercialmente solo dal prossimo anno) una bella interpretazione in stile Double (american) IPA :al naso sentori di frutta esotica, passion fruit e ananas, il tutto sottolineato dal taglio decisamente resinoso.In bocca si rivela perfettamente coerente riuscendo a calibrare alla grande i sentori luppolati con una bella base di malto imponente.
Una birra che si ferma giusto un passo prima di una imperial ipa americana: meno aggressiva, ma decisamente più  bevibile (in termini di facilità alla beva)
praticamente tutti quelli che l’hanno assaggiata hanno espresso un parere positivo.
La Prunus di Birra del Borgo: ancora una volta la Duchessa si dimostra una birra meravigliosa per la sperimentazione, la Prunus è  una fruit beer in cui  la presenza acetica  viene bilanciata dai deliziosi sentori   rilasciati dalle  ciliegie messe a macerare nel tino di fermentazione. L’unico fusto è finito in 2 ore..

Buonissima anche la Dave dei gypsy brewers di Buskers Beer, una APA in cui il luppolo gettato in ogni fase dilavorazione ha dato sentori particolarmente freschi (il fruttato che ne esce all’aroma è eccezionale) e deliziosamente bilanciati da una bella base di malto. La seconda ottima prova per loro.

Un’ennesima conferma dell’ottima salute di cui godono i giovani  Brewfist con la deliziosa Spaceman attualmente una delle migliori birre italiane in circolazione (per quanto mi riguarda) e la calibratissima Fear  stout che gioca sul fili del rasoio giocando tra la dolcezza di lattosio+fave di cacao e i sentori dei malti tostati.

Una nota particolare per la vincitrice Harvest del Birrificio San Paolo: IPA creata con i luppoli appena raccolti, un aroma di cascade inebriante; il birraio ce l’aveva detto che quest’anno il raccolto era di qualità superiore ed effettivamente la Harvest 2011 è addirittura migliore di quella dell’anno scorso. Imperdibile.

Per finire un saluto ed un ringraziamento anche a tutti i ragazzi di ADB Piemonte che con passione e costanza hanno permesso lo svolgimento della manifestazione. Arrivederci al prossimo anno! [dLc]

Bomb- Bad Attitude/Collettivo Birra

 

E’ in dirittura d’arrivo il nuovissimo  progetto di Bad Attitude e del Collettivo Birra per i dettagli e le notizie al riguardo vi rimando al mitico Cronache di Birra di Andrea Turco; questo mio post è indirizzato a tutti i locali (in particolare torinesi) interessati ad unirsi al progetto in fase di presentazione al pubblico.

Un’ ottima occasione per presentare un idea innovativa, solidale ed una  IPA trasversale..

consultate il mini sito del progetto Q U I oppure mandate una mail a:

collettivobirra@badattitude.ch

Bad Attitude Brewery- Kurt

Nuovo round nella Tasting Room di Bad Attitude. Mi vesto bene, preparo la bocca, gli occhi ed il naso, indosso l’aria fintamente importante e comincio a scrivere quel che sento.

Molto banalmente (non potrebbe essere altrimenti) si parte dalle considerazioni sul formato in cui viene presentata questa nuova avventura BA: la birra è in lattina; la tanto  annunciata e attesa rivoluzione è arrivata, contemporaneamente a  quanto sta facendo la scozzese Brewdog e alla ormai famosa ipa in latta dell’americana Caldera Brewin Company (quest’ultima in giro da più tempo, credo) anche la Bad Attitude lancia la sua lattina con una grafica davvero accattivante.

Naturalmente la cosa suscita almeno un paio di considerazioni: l’alluminio rappresenta un’ ottima alternativa al vetro da un punto di vista ecologico, cosa da non sottovalutare in tempi di green economy, è più resistente, non permette alla luce di intaccare la birra, è meno fragile e si raffredda/riscalda più velocemente; l’unico grande ostacolo pare essere quello culturale, infatti siamo innegabilmente portati a considerare la birra in lattina  come una bevanda di scarsa qualità, anonima o quantomeno che “non merita il vetro”,  certamente  è  una bella sfida quella che stanno lanciando questi birrifici al mondo birraio e sarà davvero interessante vedere dove si andrà a parare.
Passando alla Kurt (chiaramente dedicata all’ultimo eroe iconoclasta che il rock è stato in grado di esprimere negli ultimi anni) l’aspetto nel bicchiere  è giallo oro ed abbastanza limpida; la schiuma si presenta fine, bianca e mediamente persistente.

Al naso spiccano sentori erbacei, un tocco agrumato dato dai luppoli neozelandesi (Riwaka e Motueka) che  vanno a bilanciare ottimamente il tocco mieloso dato dal malto  Maris Otter ed un  sentore di frutta tropicale chiama a gran voce la beva. In bocca il corpo e abbastanza watery, la carbonatazione bassa e la birra  ripropone coerentemente i sentori espressi nell’aroma, ottimo il retrogusto piacevolmente amarognolo dato dal luppolo che si rivela non molto persistente ma piacevolmente rinfrescante.

Questa Kurt mi sembra una pale ale onesta, di facile fruizione, dissetante al punto giusto e da bere in quantità; la Bad Attitude la propone come un possibile ponte tra la birra industriale e quella artigianale ad un consumatore potenzialmente casuale ed effettivamente sembra essere proprio alla portata di tutti.
Infine mi fa molto piacere segnalare il consolidarsi del legame tra birra e bici, date un occhiata al nuovo post di Marcos e Co. sui prossimi appuntamenti con gli amanti della bici a scatto e sul servizio di distribuzione della birra a impatto zero che sta per partire a Roma e Milano. [dLc]

Paese: Svizzera/Italia

Alc.Vol. 4.32%

Ibu 31

Marcos, le chiacchiere, 2 Penny, la Hobo e tutto quello che ci sta in mezzo.

Un sabato pommeriggio decisamente piacevole quello che ho tracorso allo Stato Liquido (via Accademia Albertina 36) in occasione della Settimana della Birra Artigianale promossa da Andrea Turco.

Torino, come tutti ben sappiamo non è certamente all’avanguardia per quel che riguarda la scena birraria nazionale, ma i primi piccoli passi stiamo cominciando a farli anche noi, freddi sabaudi dediti al vino, così verso le 16.30 una trentina di carbonari si sono ritrovati nel beershop di cui sopra  ad ascoltare quel predicatore pazzo e visionario  di  Lorenzo Bottoni (a.k.a. Marcos) che in maniera estremamente informale e genuina ci ha istruiti sulle sue birre e sopratutto ha mostrato una visione trasversale ed alternativa del panorama brassicolo nazionale.

Noto per essere un personaggio decisamente fuori dal coro sia per le sue produzioni che per l’atteggiamento radicale nel confronto dell’industria birraria ( se ancora non l’avete fatto leggete uno dei suoi post tipo questo su Mo.Bi) il nostro capitano ci ha offerto quasi tutta la produzione della Bad Attitude ivi inclusi i cavalli di battaglia su cui val certamente la pena spendere due parole:

La 2 Penny

Porter dal sapore ruvido ed essenziale, secondo il mio gusto e parere la miglior birra in casa Bad Attitude, mostra tutte le caratteristiche tostate delle porter ma va oltre la semplice esecuzione in stile  grazie ai  suoi 8.5 gradi alcolici talmente ben nascosti da risultare una birra assassina. I luppoli americani danno poi un tocco lievemente fuori target caratterizzandone il gusto in una maniera quasi “esotica” con l ‘affiorare di deliziosi sentori  agrumati.

La Hobo:

India Pale Ale tutto sommato abbastanza ordinaria, la peculiarità è l’utilizzo di segale e frumento tra gli elementi di base che le conferiscono una nota vellutata e rotonda che accompagna meravigliosamente l’esplosione luppolata e amara in puro e ottimo stile “coloniale”.Una birra deliziosa, onesta e sincera.

Oltre a queste due hanno girato la Bootleger, la Hipster, Timothy Leary, le storie di vita vissuta, i progetti futuri, informazioni sulla birra e racconti sconclusionati  dal head honcho di uno dei birrifici più interessanti e innovativi d’Italia (anche se è in Svizzera…). Grazie a tutti quelli che hanno realizzato questo evento!

Rudolph- Bad Attitude Brewery

Con il natale appena dietro le spalle ed ancora una manciata di ore di festa che ci aspettano ecco che trovo tempo e, sopratutto, forze per accostarmi alla nuova creature di Bad Attitude.

Partendo dall’etichetta spicca il cagnaccio che gioca a travestirsi da renna quasi a sbeffeggiare l’atmosfera natalizia ricca di desideri, spesso futili, da dare in pasto a commercianti di ogni caratura. Questa produzione è interamente dedicata a chi ha scelto o è stato costretto da vicende avverse a condurre la propria vita ai margini della società, facendo della strada la propria casa. Tutto il ricavato dalla vendita di questa birra verrà  devoluto ai progetti della onlus Piazza Grande.

E questo la dice lunga sul  birrificio Bad Attitude: gente con un approcio al proprio lavoro decisamente radicale, Marcos & co. si distinguono per l’utilizzo di  etichette di carta riciclata appiccicate con colla idrosolubile, bottiglie in vetro leggero dal basso impatto ambientale ed un marketing stradaiolo  che rarissimamente si è visto in Italia, una voce fuori dal coro insomma.

Ed è con grande interesse che vado incontro a questa Rudolph: il colore è di un bell’ambrato carico con riflessi arancio, e la sua schiuma bianca risulta fine e persistente.

Al naso questo “Winter Warmer” sprigiona calore, risalta da subito la presenza del ginepro cui fa eco un bel mix speziato mischiato ad aromi che rivelano una dolcezza accentuata; in bocca la sorpesa si rivela nell’esile corpo di questa piccola bomba da 8.5 gradi assolutamente nascosti dal dolce maltato controbilanciato dalle spezie e da un accento di luppolo alquanto “esotico”.Il finale è persistente ed invoglia a berne ancora svelando una pericolosa beverinità.

La Rudolph è quindi una birra invernale particolare a cui però avrei dato un corpo leggermente maggiore per renderla più incisiva; in fin dei conti una buona espressione brassicola con alcuni margini di miglioramento, sebbene questa peculiarità che la rende un pò “imperfetta” potrebbe rivelarsi  la carta vincente nei confronti dei palati più delicati. Una birra da provare. [dLc]

Paese: Italia/Svizzera

Grad.Alcolica: 8,5%; tipologia Winter Warmer

Servita a 13°